L'arte figurativa tra diritto d'autore e tutela dei beni culturali



La nascita di nuove forme espressive e la possibilità di utilizzare le opere d’arte attraverso le modalità consentite dalla tecnologia digitale hanno determinato, negli ultimi anni, una progressiva evoluzione del settore dell’arte figurativa. L’obiettivo del presente approfondimento è quello di ricostruire il quadro complessivo dei diritti riconosciuti agli autori di opere d’arte visiva in base alla legge sul diritto d’autore e al Codice dei beni culturali e del paesaggio.

Indice degli argomenti

1. - L’arte figurativa: ambito di applicazione e profili evolutivi.

2. - I diritti patrimoniali.

2.1 - Il diritto di riproduzione.

2.2 - Il diritto di elaborazione.

2.3 - Il diritto di seguito.

2.4 - Le opere in “esemplare unico” e i potenziali conflitti tra autore e proprietario del supporto.

3. - I diritti morali.

4. - Le opere d’arte figurativa come “beni culturali”. La definizione di “bene culturale” e le relative utilizzazioni.

4.1 - La c.d. “libertà di panorama”.

5. - La digitalizzazione delle opere d’arte figurativa.



1.     L’arte figurativa: ambito di applicazione e profili evolutivi.

Tra le opere dell’ingegno di carattere creativo protette dalla Legge 22 aprile 1941, n. 633 (l.a.) rientrano quelle appartenenti al settore dell’arte figurativa (art. 1 l.a.) che include – a titolo esemplificativo - la scultura, la pittura, il disegno, l’incisione e la scenografia (art. 2, n. 4 l.a.). Oltre alle opere d’arte figurativa la l.a. protegge anche le opere architettoniche (ex art. 2, n. 5) e quelle di industrial design (ai sensi dell’art. 2, n. 10), entrambe caratterizzate dalla coesistenza di componenti estetiche e utilitarie.

Nel corso degli anni il settore dell’arte figurativa ha subito un’evoluzione che ha portato a ricomprendervi anche forme espressive molto distanti dal concetto di “arte” tradizionalmente inteso quali, ad esempio, le composizioni floreali, i pupazzi, ma soprattutto la c.d. “Street Art”, ossia il complesso di manifestazioni artistiche (quali i graffiti e i murales) realizzate su superfici urbane attraverso diverse tecniche (spray, mosaici, poster e altre ancora). In questo ambito, qualora la creazione nasca dall’iniziativa del singolo writer, la concessione della tutela d’autore non sarà impedita dall’eventuale violazione dell’altrui diritto di proprietà (in quanto la protezione prescinde dalla liceità dell’opera realizzata) e la titolarità dei diritti spetterà all’autore.

Il regime di titolarità dei diritti sarà, invece, differente nel caso di opere commissionate da aziende private o enti pubblici (vedi sul punto il par. 2), ad esempio per decorare spazi abbandonati o degradati. In questo secondo caso, tuttavia, l’opera dovrebbe essere inquadrata in un diverso fenomeno artistico, quello della “Public Art”, dal momento che la “Street Art” identifica forme di arte spontanea e non commissionata.

 

2.     I diritti patrimoniali.

I diritti patrimoniali sulle opere d’arte figurativa spettano agli autori a titolo originario per il solo fatto della creazione. Tuttavia, qualora l’opera venga creata in esecuzione di un contratto di lavoro autonomo o subordinato, i diritti di utilizzazione potranno essere acquistati a titolo derivativo dal committente o dal datore di lavoro.  

La casistica giurisprudenziale in tema di violazione dei diritti patrimoniali d’autore sulle opere d’arte figurativa è prevalentemente incentrata sui diritti di riproduzione (art. 13 l.a.) e di elaborazione (art. 18 l.a.), dei quali verranno tratteggiati i profili applicativi.  

Un breve approfondimento verrà, inoltre, riservato al c.d. “diritto di seguito” (artt. 144 ss. l.a.), trattandosi di una prerogativa attribuita unicamente agli autori di opere appartenenti a questo settore.

 

2.1     Il diritto di riproduzione.

La violazione del diritto di riproduzione su un’opera d’arte figurativa può avvenire attraverso svariate modalità, prima tra tutte quella consistente nell’imitazione degli elementi caratterizzanti la creazione. Come è noto, la tutela d’autore non si estende all’idea che sta alla base dell’opera, ma esclusivamente alla forma espressiva mediante la quale l’autore ha concretizzato l’idea stessa in base alla propria sensibilità artistica. Ne consegue che, mentre non può invocarsi alcuna violazione del diritto di riproduzione da parte di una creazione che sia affine alla propria solo sotto il profilo contenutistico, l’imitazione delle modalità espressive adottate per rappresentare l’idea è certamente illecita. La linea di confine tra i due concetti (idea e forma espressiva) non è sempre di facile definizione e deve essere valutata in base al caso concreto. La giurisprudenza, ad esempio, ha considerato l’illustrazione apposta sulla copertina del CD di Roger Waters “Is that the life we really want?” un’illecita riproduzione dell’opera “Cancellatura” di Emilio Isgrò, alla luce dell’indubbio carattere creativo di quest’ultima e della pedissequa ripresa della forma espressiva personale di Isgrò nell’immagine raffigurata sul supporto fonografico (Trib. Milano, 2017).

La violazione del diritto di riproduzione può, inoltre, discendere dalla replicazione dell’opera in un formato diverso da quello originario (ad esempio, di un’opera tridimensionale in formato bidimensionale e viceversa).

Particolare attenzione deve essere quindi riservata alle riproduzioni fotografiche delle opere d’arte figurativa. Qualora una fotografia non creativa abbia ad oggetto un’opera d’arte, infatti, l’esercizio del relativo diritto connesso è subordinato all’indicazione sull’esemplare – oltre che del nome del fotografo e della data di produzione della fotografia - anche del nome dell’autore dell’opera d’arte fotografata (art. 90 l.a.). Poiché la riproduzione della fotografia implica necessariamente anche la riproduzione dell’opera d’arte che ne costituisce oggetto, la ratio della disposizione è quella di consentire a chi voglia utilizzare l’immagine di chiedere il consenso anche all’autore della creazione riprodotta (qualora non sia già in pubblico dominio).

Questa norma, peraltro, è in procinto di essere modificata in vista dell’attuazione nel nostro ordinamento della Direttiva UE 2019/790 sul diritto d’autore e i diritti connessi nel mercato unico digitale, il cui art. 14 dispone che qualora un’opera d’arte visiva sia in pubblico dominio, dovrà considerarsi tale anche la fotografia che la ritrae, salvo il caso in cui si tratti di fotografia creativa.

In tema di riproduzioni fotografiche di opere d’arte figurativa, la giurisprudenza ha considerato illecita la pubblicazione delle immagini di alcuni dipinti sul catalogo di un’impresa senza il consenso dell’autore; sebbene, infatti, l’oggetto principale della raffigurazione fossero i prodotti reclamizzati, le opere d’arte che li circondavano costituivano un preminente elemento di richiamo dell’attenzione del lettore per la loro forza visiva nel contesto dell’ambiente fotografato (Trib. Milano, 2006). Ugualmente illecita è stata considerata la riproduzione non autorizzata di opere d’arte figurativa nel catalogo di una mostra, in quanto la giurisprudenza non ha considerato applicabile al caso di specie l’utilizzazione libera prevista dall’art. 70 l.a. (Cass., 1996).

 

2.2     Il diritto di elaborazione.

La casistica giurisprudenziale degli ultimi anni relativa alla violazione del diritto di elaborazione si è prevalentemente concentrata sull’Arte Appropriativa, il cui tratto caratterizzante è la reinterpretazione di creazioni preesistenti attraverso la radicale trasformazione del loro significato originario. Nelle fattispecie esaminate, la violazione del diritto di elaborazione è stata tendenzialmente esclusa grazie al riconoscimento della natura parodistica delle opere d’arte appropriativa. Quest’impostazione è stata seguita, ad esempio, nei confronti dell’installazione “The Giacometti Variations”, composta da sculture ispirate alle figure femminili allungate dell’artista Alberto Giacometti. Nel caso di specie, lo stravolgimento concettuale rispetto alle sculture originarie è stato ravvisato nel fatto che in queste ultime la “scarnificazione” delle donne era espressione di una sofferenza causata dai rigori della guerra, mentre nell’installazione era il risultato dell’imposizione – da parte dell’attuale mondo della moda - di canoni di eccessiva magrezza (Trib. Milano, 2011). Gli stessi principi sono stati applicati all’installazione “Sanguinetti Breakout Area”, composta da fotografie di opere di Gianfranco Sanguinetti, esponente di punta del movimento situazionista. In questo caso, l’intento parodistico è stato individuato nella contraddizione tra la teorizzata lotta alla mercificazione dell’arte da parte di tale movimento e la scelta compiuta da Sanguinetti di vendere all’asta le proprie opere ricavandone una cifra molto elevata (Trib. Venezia, 2015).

 

2.3     Il diritto di seguito.

Una peculiarità del settore dell’arte figurativa è rappresentata dall’attribuzione agli autori del diritto di percepire un compenso sul prezzo di ogni vendita delle proprie opere successiva alla prima (c.d. diritto di seguito). La ratio dell’istituto è quella di consentire agli autori di poter beneficiare dell’aumento di valore conseguito dalle proprie creazioni nel corso del tempo, soprattutto nel caso in cui le abbiano vendute a cifre molto modeste all’inizio del proprio percorso artistico.

Il diritto di seguito copre la maggior parte delle manifestazioni creative riconducibili al campo delle arti visive (come attesta l’elenco contenuto nell’art. 145 l.a.) ed è riconosciuto non soltanto in caso di vendita dell’originale ma anche di copie prodotte in numero limitato dall’autore, purché siano numerate o firmate.

La disciplina si applica soltanto alle vendite che comportano l’intervento, quale acquirente, venditore o intermediario, di soggetti che operano professionalmente nel mercato dell’arte (quali case d’asta, gallerie d’arte e commercianti di opere d’arte) e a condizione che il prezzo non sia inferiore a 3.000 Euro.

Sebbene il diritto di seguito abbia natura patrimoniale, al pari dei diritti morali non può formare oggetto di alienazione o di rinuncia, nemmeno preventiva (art. 147 l.a.), previsione che accomuna il diritto in oggetto ad altri diritti di natura patrimoniale previsti dalla l.a.[1]

 

2.4     Le opere in “esemplare unico” e i potenziali conflitti tra autore e proprietario del supporto.

La maggior parte delle opere dell’ingegno tutelate dalla l.a. viene realizzata non per fruire esteticamente dell’originale ma per essere moltiplicate in copie. In alcuni ambiti dell’arte figurativa, invece, la riproduzione è spesso una facoltà puramente accessoria, in quanto l’oggetto principale del diritto dell’autore è proprio l’originale dell’opera (c.d. “esemplare unico”), dotato in quanto tale di un valore sensibilmente superiore rispetto a quello delle eventuali copie.

La vendita del supporto in cui l’opera è incorporata non implica anche il trasferimento dei diritti d’autore, a meno che non sia espressamente previsto nella cessione e salva l’ipotesi in cui, unitamente all’esemplare, venga ceduto anche il calco o lo stampo (in questo caso, infatti, si presume che all’acquirente venga trasferito anche il diritto di riproduzione ex art. 109, comma 2, l.a.). Può, quindi, accadere, che si verifichino situazioni di conflitto tra l’autore - titolare dei diritti – e il proprietario dell’esemplare in merito all’utilizzazione economica dell’opera, ad esempio con riferimento alla sua esposizione al pubblico. Sul punto, stante l’assenza di disposizioni specifiche all’interno della l.a., è controverso se la scelta di esporre o meno l’opera sia riconducibile al diritto esclusivo previsto dall’art. 12 l.a. e debba, quindi, essere riservata all’autore.

Un analogo contrasto – relativo alla titolarità del diritto di pubblicare le immagini dell’opera nel catalogo di una mostraè stato risolto dalla giurisprudenza a favore dell’autore (Cass., 1996).


3.     I diritti morali.

Nel settore dell’arte figurativa la giurisprudenza si è raramente pronunciata sulla violazione del diritto di paternità (riconosciuta, ad esempio, nell’ipotesi di riproduzione di un’opera d’arte su un francobollo a dimensioni così piccole da rendere impossibile la lettura del nome dell’autore), mentre si è di frequente occupata di presunte violazioni del diritto all’integrità (che consente all’autore di opporsi a qualsiasi deformazione, mutilazione, modificazione e ad ogni atto a danno dell’opera che risulti lesivo del suo onore e/o della sua reputazione ex art. 20 l.a.).

Se gli interventi modificativi compiuti sull’opera sono di facile identificazione, non è sempre agevole definire il concetto di “ogni atto a danno dell’opera”, tendenzialmente collegato a modalità di presentazione della creazione che possano risultare in contrasto con la personalità dell’autore. Nel settore dell’arte figurativa, ad esempio, sono state ricondotte a questa fattispecie la mancata manutenzione di un dipinto, in quanto idonea a influenzare negativamente la percezione dell’opera da parte del pubblico (Trib. Milano, 2005) e la modifica del basamento originario di una scultura unitamente alla sua collocazione in un luogo periferico, esposto alle vibrazioni del traffico e all’inquinamento (Trib. Bologna, 2014).

Nel campo della Street Art, ha avuto particolare risonanza la vicenda di cui si è reso protagonista l’artista Blu, che per reazione allo spostamento di alcune sue opere dal loro contesto originario per poterle esporre in una mostra organizzata a Bologna, ha deciso di rimuovere tutti i murales precedentemente realizzati nella città. Il caso ha fornito lo spunto per riflettere sull’eventualità che la delocalizzazione di un’opera di strada possa ledere il diritto all’integrità dell’autore, considerate anche le finalità di conservazione dell’opera che potrebbero giustificare una scelta di questo tipo.

Anche nell’ambito dei diritti morali possono poi verificarsi situazioni di potenziale conflitto tra autore dell’opera e proprietario del supporto in cui la creazione è incorporata. Ad esempio, la giurisprudenza ha escluso che la distruzione dell’esemplare da parte del proprietario possa determinare una violazione del diritto all’integrità dell’autore, salvo che venga effettuata con modalità lesive del suo onore e della sua reputazione (App. Bologna, 1997).

  

4.     Le opere d’arte figurativa come “beni culturali”. La definizione di “bene culturale” e le relative utilizzazioni.

Le opere d’arte figurativa sono suscettibili di essere protette non soltanto dalla l.a., se dotate di carattere creativo, ma anche dal Codice dei beni culturali e del paesaggio (d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42: c.b.c.), qualora presentino un interesse culturale[2].

La riproduzione e l’utilizzazione di un bene culturale sono subordinate all’autorizzazione dell’autorità che ha in consegna il bene (art. 107 c.b.c.) e al versamento di un canone (salvo che si tratti di riproduzioni private per uso personale o per motivi di studio attuate senza scopo di lucro ex art. 108 c.b.c.).

Nel caso in cui un’opera d’arte figurativa sia qualificabile anche come bene culturale, la tutela applicabile risulterà dal coordinamento delle due diverse normative, in quanto l’art. 107 c.b.c. fa espressamente salva l’applicazione delle disposizioni della l.a. Il doppio binario di protezione implica la necessità di due distinte autorizzazioni (quella dell’autore e quella dell’ente che ha in custodia il bene), fermo restando che il diritto d’autore ha una durata che si estende fino al settantesimo anno dopo la morte dell’autore, mentre la tutela prevista dal c.b.c. non è assoggettata ad alcuna scadenza.

In tema di beni culturali, la giurisprudenza ha riconosciuto la violazione dell’art. 108 c.b.c. da parte di un’agenzia di viaggi che offriva ai suoi clienti visite guidate in alcuni musei italiani e che aveva inserito nei suoi materiali pubblicitari l’immagine del David di Michelangelo senza l’autorizzazione della Galleria dell’Accademia di Firenze (Trib. Firenze, 2017).

  

4.1     La c.d. “libertà di panorama”.

L’art. 107 c.b.c. non chiarisce, tuttavia, se anche la riproduzione e l’utilizzazione dell’immagine di un bene collocato in un luogo visibile a tutti sia subordinata all’autorizzazione del titolare dei diritti o se possa, invece, essere effettuata liberamente (c.d. “libertà di panorama”). Se non vi sono particolari incertezze nel considerare necessario il consenso dell’autore in caso di opera dell’ingegno protetta dalla l.a.[3], alcuni interpreti ritengono che l’esposizione alla pubblica vista dovrebbe rendere superflua l’autorizzazione dell’autorità che ha in consegna il bene culturale in quanto la collocazione di quest’ultimo consentirebbe di considerare la sua immagine come un bene comune liberamente riproducibile.

La giurisprudenza, tuttavia, non ha condiviso questa impostazione e ha riconosciuto la violazione degli artt. 107 e 108 c.b.c. da parte di una Banca che aveva usato in una campagna pubblicitaria alcune immagini del Teatro Massimo di Palermo senza l’autorizzazione della Fondazione Teatro Massimo (Trib. Palermo, 2017).

In vista dell’attuazione dell’art. 14 della Direttiva UE 2019/790 (vedi par. 2.1) e della conseguente modifica della l.a., sono state avanzate proposte di una parallela revisione dell’art. 108 c.b.c. volta a consentire la libera divulgazione di immagini di beni culturali pubblici, inclusi quelli esposti alla pubblica vista, non più tutelati dal diritto d’autore. In caso contrario, infatti, verrebbe in concreto vanificato lo scopo alla base della Direttiva, che è quello di migliorare la valorizzazione del nostro patrimonio artistico e la promozione dell’immagine dell’Italia all’estero

 

5.     La digitalizzazione delle opere d’arte figurativa.

Nel diritto di riproduzione è compresa anche la digitalizzazione dell’opera d’arte figurativa, che consente di realizzarne copie in formato bidimensionale o tridimensionale. Nella digitalizzazione bidimensionale l’unica peculiarità rispetto a forme di riproduzione tradizionale è data dall’aspetto tecnologico e dal fatto che i rischi di modificazione non autorizzata dell’opera appaiono indubbiamente più elevati, con conseguenze potenzialmente lesive anche del diritto morale di integrità. Nel caso di ricostruzione tridimensionale (tramite campionamento, visualizzazione in 3D o ologrammi) potrebbe, invece, porsi il tema della tutela dei risultati derivanti dalla ricostruzione. Poiché, infatti, quest’ultima presuppone scelte creative sui particolari da riprodurre, il risultato finale potrebbe accedere alla protezione quale opera derivata ex art. 4 l.a. Inoltre, in caso di opera d’arte figurativa qualificabile anche come bene culturale, potrebbe risultare complesso determinare il canone da versare, atteso che il tariffario applicabile alle utilizzazioni dei beni culturali non contempla modalità di riproduzione tridimensionale.

La digitalizzazione è sempre più spesso utilizzata dai musei per creare banche dati di immagini delle opere d’arte poste all’interno delle loro collezioni per poi concederne in licenza l’uso a fronte di un corrispettivo, che troverebbe giustificazione – nell’ottica delle istituzioni museali - in base al diritto di proprietà sulle opere riprodotte e ai costi sostenuti per la digitalizzazione. Questa prassi, tuttavia, può entrare in contrasto con le norme della l.a. nel caso di opere o di fotografie cadute in pubblico dominio, in relazione alle quali il museo non potrebbe vantare alcuna esclusiva.  

Quanto alla titolarità dei diritti sulla banca dati composta dall’insieme delle immagini digitalizzate, qualora si trattasse di banca dati creativa tutelata ex art. 2, n. 9, l.a., non vi sarebbero ostacoli a conferirne la titolarità a un ente pubblico; nel caso, invece, di banca dati non creativa tutelata con il diritto sui generis ex art. 102 l.a., risulterebbe controversa la possibilità di riconoscere il relativo diritto connesso a un soggetto che non svolge attività economica.



[1] Quali i diritti a compenso previsti dagli artt. 18-bis, comma 5 e 46-bis l.a.


[2] L’art. 10 c.b.c. definisce beni culturali “le cose immobili e mobili appartenenti allo Stato, alle regioni, agli altri enti pubblici territoriali, nonché ad ogni altro ente ed istituto pubblico e a persone giuridiche private senza fine di lucro, ivi compresi gli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti, che presentano interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico”. La valutazione dell’interesse culturale è rimessa al Ministero per i Beni e le Attività Culturali e per il Turismo.


[3] Il nostro legislatore non ha dato attuazione all’art. 5.3 lett. h) della Direttiva 2001/29/CE, che prevede un’apposita eccezione ai diritti di riproduzione e comunicazione al pubblico per le opere di architettura o di scultura realizzate per essere collocate stabilmente in luoghi pubblici.



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