1.
Lo sharenting: ampiezza del fenomeno
La condivisione in rete, sui social network o in app di
messaggistica istantanea di foto, video o altri dati riguardanti i propri figli
minori d’età da parte dei genitori è oggi un fenomeno ampiamente diffuso, al
punto da aver meritato un apposito neologismo: “sharenting”, dalla combinazione di “sharing” (condividere) con
“parenting” (termine che indica il ruolo del genitore).
La condivisione, come noto, avviene principalmente sui
social network (Facebook, Instagram ecc.) e le app di messaggistica (Whatsapp,
Telegram ecc.), ma interessa anche altri contesti (es. blog personali, forum di
genitori ecc.). Nell’ambito dei social, comunemente la pubblicazione di
informazioni del minore avviene sul profilo dei genitori, ma può anche assumere
la forma del profilo a nome del minore, creato e gestito direttamente dai
genitori.
Uno studio del Regno Unito ha evidenziato che i genitori pubblicano
sui social in media 13.000 video o foto del figlio, prima che compia 13 anni [1].
Uno studio dell’Università del Michigan rileva inoltre che il 56% dei genitori
carica foto dei propri figli che potrebbero risultare imbarazzanti.
2.
I rischi correlati allo sharenting
Lo sharenting espone
i minori al rischio di subire conseguenze gravemente negative, quali ad
esempio il furto d’identità, l’indebito utilizzo delle immagini per fini di pedopornografia (anche mediante
modifica delle immagini – es. semplici fotomontaggi o uso di tecnologie di
“deepfake”) o per atti di cyberbullismo
(ricatti, molestie, pressioni indebite e simili a opera di altri minori).
Questi rischi derivano principalmente dalla circostanza che un contenuto
caricato online diviene agevolmente accessibile, scaricabile e replicabile in
altri contesti da parte di una platea indefinita o comunque molto ampia di
persone.
Ulteriore rischio è l’esposizione del minore all’uso delle
informazioni che lo riguardano nel contesto delle logiche commerciali basate sullo sfruttamento dei dati personali che
governano attualmente Internet, le quali – in via generale – potrebbero
pregiudicare il libero sviluppo della personalità del minore. Ad esempio, l’accumulazione,
nel corso del tempo, di numerose informazioni personali consente ai gestori dei
social network di “profilare” i minori, cioè di mettere assieme informazioni di
vario tipo (classe sociale di appartenenza, religione, luogo di residenza,
sport, gusti ecc.) che, una volta analizzate, permetterebbero di prevedere
aspetti della personalità del minore utili per influenzare quest’ultimo non
solo nelle scelte commerciali, ma anche politiche o filosofiche; per queste
ragioni, i “profili” hanno un valore economico nel c.d. mercato dei dati
personali.
A prescindere dai rischi descritti, il caricamento di foto e
altri dati sui social network costituisce, di per sé, un’interferenza nei diritti fondamentali e nelle peculiari
esigenze di protezione del minore (diritto all’identità personale, alla
protezione dei dati personali, all’autodeterminazione informativa, al libero
sviluppo della propria personalità ecc.) e, perciò, è un’operazione che deve
tenere nella massima considerazione questi diritti ed esigenze.
3.
I diritti del figlio
Per condividere responsabilmente, il punto di partenza per chi esercita la responsabilità genitoriale o cura gli interessi del minore (nel seguito, per esclusive ragioni di brevità, ci si riferirà solo ai “genitori”) è la consapevolezza che il minore è titolare di diritti
fondamentali che i genitori sono tenuti a tutelare e garantire: ogni
scelta che riguarda il minore deve essere guidata dal criterio del superiore interesse della ragazza o del
ragazzo, da considerarsi preminente rispetto a ogni altro, come previsto
dalla Convenzione di New York sui diritti del fanciullo del 20 novembre 1989 (ratificata
dall’Italia con l. 176 del 27 maggio 1991), che rappresenta la fonte giuridica
principale in materia di tutela dei minori [2].
La Convenzione di New York riconosce in capo al minore i diritti
fondamentali all’identità personale (art. 8), alla riservatezza e alla tutela
della vita privata (art. 16); quest’ultimo diritto prevede che nessun fanciullo
possa essere oggetto di interferenze arbitrarie o illegali nella sua vita
privata, nella sua famiglia, nel suo domicilio o nella sua corrispondenza, e
neppure di affronti illegali al suo onore e alla sua reputazione.
Occorre considerare, poi, che la condivisione di foto, video
o altre informazioni su di un minore costituisce un trattamento di dati personali e, perciò, è operazione che richiede
il rispetto della normativa sulla protezione dei dati personali (anche quando
effettuata dai genitori), non potendosi considerare come un’attività a
carattere esclusivamente personale [3].
La normativa sulla protezione dei dati è oggi principalmente rappresentata dal Regolamento (UE) 2016/679 (“GDPR”), che
impone una tutela rafforzata per i minori, prevedendo che essi “meritano una specifica protezione
relativamente ai loro dati personali, in quanto possono essere meno consapevoli
dei rischi, delle conseguenze e delle misure di salvaguardia interessate nonché
dei loro diritti in relazione al trattamento dei dati personali” (considerando
38). I genitori, in tal senso, sono tenuti a curare con particolare attenzione
la protezione dei dati personali dei propri figli.
Rispetto al contesto online, per l’Italia il d.lgs. 196/2003
(c.d. Codice privacy), in attuazione del GDPR (che riprende la distinzione del
diritto francese tra “petite enfants”
e “grand enfants”), ha previsto che i minori aventi almeno 14 anni possano
prestare autonomamente il consenso al trattamento dei propri dati [4],
con la conseguenza che i genitori devono coinvolgere e rispettare le
indicazioni dei minori aventi questa età rispetto alla pubblicazione di
informazioni online. Per completezza, si precisa che questa norma si applica
solo per i servizi online destinati ai minori d’età [5].
Per i minori di età
inferiore ai 14 anni, il trattamento dei dati è lecito soltanto se il consenso
è prestato dai genitori. Secondo la giurisprudenza nazionale, in
particolare, la pubblicazione in Rete di immagini del minore richiede il consenso di entrambi i genitori (anche
in base a norme dell’ordinamento diverse da quelle del GDPR e del Codice
privacy citate poc’anzi) [6].
4.
Il dovere di responsabilizzazione del
genitore
I fanciulli e i ragazzi godono di diritti fondamentali e, al
pari di ogni persona, deve essergli riconosciuta la possibilità di
autodeterminarsi e di costruire la propria identità digitale. Scelte poco
prudenti dei genitori, in spregio del loro superiore interesse, rischiano di
limitare il libero sviluppo della loro personalità, perché sulla Rete, esposta
a chiunque, circolerebbe una rappresentazione del minore fatta da altri che non
hanno considerato i superiori interessi ed esigenze di tutela. A causa delle
informazioni caricate online, il minore rischia di subire un “tatuaggio
virtuale” difficile da cancellare e che lo rende vulnerabile a tutta una serie
di illeciti o conseguenze negative [7].
Al riguardo, la giurisprudenza nazionale ha più volte
ritenuto che “l’inserimento di foto di minori sui social network costituisce
comportamento potenzialmente pregiudizievole per essi in quanto ciò
determina la diffusione delle immagini fra un numero indeterminato di persone,
conosciute e non, le quali possono essere malintenzionate e avvicinarsi ai
bambini dopo averli visti più volte in foto on-line, non potendo inoltre andare
sottaciuto l’ulteriore pericolo costituito dalla condotta di soggetti che “taggano“
le foto online dei minori e, con procedimenti di fotomontaggio, ne traggono
materiale pedopornografico da far circolare fra gli interessati, come
ripetutamente evidenziato dagli organi di polizia”, giungendo ad affermare
che “il
pregiudizio per il minore è dunque insito nella diffusione della sua immagine
sui social network” [8].
5. Dieci buone regole
In base ai principi ricordati, è possibile stilare un decalogo
di semplici ma fondamentali regole che i genitori dovrebbero considerare quando
si accingano a pubblicare immagini o altre informazioni dei propri figli online:
I. Rispetta il suo superiore interesse.
Ogni scelta dei genitori deve essere effettuata nel
rispetto del superiore interesse del
minore, che è sempre preminente rispetto a ogni altro interesse. Il
Comitato ONU sui diritti dell’infanzia ha chiarito che la valutazione dell’interesse
superiore del minore deve includere anche la sua sicurezza, vale a dire il suo diritto
alla protezione contro ogni forma di violenza fisica o psichica, nonché da
forme di sfruttamento sessuale, economico e di altro genere [9].
Da questo punto di vista, ad esempio, risulta particolarmente importante
evitare di pubblicare dati del minore su piattaforme che si basano sullo
sfruttamento commerciale dei dati. Più semplicemente, prima di pubblicare un
contenuto è buona regola immaginare quali effetti possano derivarne sul benessere
sia attuale sia futuro del bambino (es. in futuro, una foto che agli occhi di
un adulto appare innocente e simpatica potrebbe essere fonte d’imbarazzo per il
bambino ed essere utilizzata da altri minori per fini di molestia). In caso di
dubbi in merito, è sempre preferibile evitare la pubblicazione del dato [10].
I genitori devono rispettare
e garantire la tutela dei diritti fondamentali del minore e, in
particolare, dei diritti alla protezione dei dati personali, all’immagine, all’identità
personale, all’autodeterminazione informativa, alla reputazione e, in genere,
devono assicurarsi che le scelte compiute rispettino la dignità del minore e
siano consone al libero sviluppo della sua personalità e all’esigenza di
preservare la sua integrità. In nessun caso i genitori hanno il diritto di
utilizzare arbitrariamente l’immagine o le altre informazioni riguardanti i
propri figli.
II. Conosci le regole della tecnologia che stai
usando.
I genitori devono essere consapevoli delle dinamiche che
governano la Rete e le singole piattaforme (sfruttamento commerciale dei dati,
profilazione, pubblicità online e tracciamento, strumenti di protezione dai
fenomeni invasivi della privacy online ecc.) prima di considerare l’opportunità
di condividere immagini del minore online. In particolare, rispetto al singolo
servizio o app, i genitori devono conoscerne i termini d’uso e le regole di privacy, per individuare quali siano
concretamente i rischi derivanti dall’esposizione di informazioni personali
attraverso tali mezzi.
Devono essere evitati i servizi che prevedono politiche
sulla privacy o attività potenzialmente dannose per il minore (attività di
marketing, profilazione, condivisione dei dati con soggetti terzi,
conservazione dei dati in Paesi che non garantiscono un livello di protezione
equivalente a quello dell’Unione europea ecc.). In merito, a titolo d’esempio,
si segnala che “TikTok”, app particolarmente diffusa tra i più giovani, è
attualmente al centro di un’indagine condotta dalle autorità privacy
dell’Unione europea perché parrebbe presentare aspetti di vulnerabilità per la
privacy degli utenti [11].
III. Informati sui diritti garantiti dalle norme
sulla privacy ed esercitali.
Una volta scelto il servizio o l’app più idoneo nel rispetto
dell’interesse e delle esigenze di protezione del bambino/ragazzo, è bene
familiarizzare con esso e, in ogni caso, configurare
le impostazioni privacy nel modo più consono a garantire la protezione dei
dati del minore (es. limitando la condivisione del post riguardante il minore
con i soli “amici” o “follower” più stretti). In merito, occorre anche considerare
che spesso le politiche sulla privacy dei social network sono di difficile
comprensione e, in aggiunta, vengono modificate di frequente nel corso del
tempo, con la conseguenza che non risulta sempre agevole comprendere pienamente
quale sia l’uso dei dati che sarà effettuato dal gestore della piattaforma[12].
Come regola generale, è preferibile scegliere un servizio connotato da
politiche sulla privacy trasparenti e comprensibili.
I genitori devono conoscere i diritti previsti dalla normativa sulla privacy, per meglio operare
le proprie scelte e tutelare efficacemente gli interessi del minore (es.
esercitando i diritti di accesso, rettifica e cancellazione dei dati, revoca
del consenso ecc.).
IV. Rispetta le sue preferenze in base alla capacità
di autodeterminazione del minore.
Per il minore che ha compiuto i 14 anni di età, prima di
procedere alla pubblicazione i genitori devono coinvolgere il minore nella decisione relativa e rispettare la sua
volontà (se del caso, anche quella di non procedere alla pubblicazione della
foto). Comunque sia, anche per i minori di età inferiore ai 14 anni è opportuno
un coinvolgimento nella scelta, spiegando al bambino in modo chiaro e
comprensibile gli effetti e i rischi della pubblicazione e, pur in considerazione
dei doveri di protezione dei genitori e della maturità effettiva del minore, attenendosi
per quanto possibile alle sue preferenze [13].
Il consenso dei genitori non è comunque necessario rispetto ai servizi di
prevenzione o di consulenza forniti direttamente a un minore, anche se di età
inferiore ai 14 anni (considerando 38 del GDPR). Quando il minore compie i 14
anni, le sue scelte in materia di protezione dei dati personali per i servizi
ad esso specificamente dedicati devono essere rispettate. Questo significa che,
nel momento in cui raggiunge l’età del consenso digitale, il minore può confermare, modificare o revocare il consenso precedentemente
prestato o autorizzato dai genitori, che saranno tenuti al rispetto delle sue
scelte [14].
Se il minore non intraprende alcuna azione, il consenso prestato o autorizzato
dai genitori prima dell’età del consenso digitale rimane un presupposto valido
per il trattamento [15].
E' tuttavia implicito che i anche dopo
il compimento dei 14 anni i figli necessitino di supporto per poter comprendere
il significato e le conseguenze delle loro scelte. Al riguardo, si consideri
anche che, nonostante il GDPR obblighi specificamente chi fornisce servizi
destinati ai minori a predisporre la documentazione sulla privacy con modalità
e linguaggio idonei a essere compresi dai destinatari [16],
in base alle caratteristiche di questi (fascia di età e relativa maturità
ecc.), le ragazze e i ragazzi potrebbero comunque avere serie difficoltà a
comprendere le regole privacy e, soprattutto, quali siano i diritti loro
spettanti e come esercitarli.
Ovviamente, al raggiungimento della maggiore età il ragazzo
può esercitare anche tutti gli altri diritti previsti dalla normativa sulla
protezione dei dati (es. diritto all’oblio), anche in riferimento al consenso
autonomamente prestato quando era minore e, come tale, poco consapevole dei
rischi derivanti dal trattamento [17].
V. Riduci al minimo i dati personali contenuti nelle
immagini.
Quando si decide di pubblicare immagini, occorre comunque assicurarsi
che esse contengano il minor numero di
informazioni personali possibile: in particolare, è importante evitare di
pubblicare foto o video che permettano di risalire ai luoghi frequentati dal
minore [18].
Dal punto di vista della protezione del minore, è sempre preferibile pubblicare
foto che non consentano o rendano più difficile la sua identificazione (es.
oscuramento del volto ecc.).
Occorre sempre evitare di pubblicare foto che espongono le
nudità del minore, anche soltanto in parte e anche se il ritratto sembri
del tutto innocente (es. foto di un bambino in costume): queste foto, infatti,
si prestano maggiormente a essere modificate o comunque sfruttate per fini
illeciti (segnatamente: pedopornografici). In ogni caso, la pubblicazione dell’immagine
non deve arrecare pregiudizio all’onore,
alla reputazione e al decoro del minore ritratto (art. 97 l. 633/41).
VI. Valuta gli effetti della condivisione.
Quando si invia una foto ad altri, occorre considerare
che questi, seppure in buona fede, potrebbero diffondere ulteriormente la foto,
ritenendosi implicitamente autorizzati a farlo o per ignoranza degli strumenti
utilizzati[19].
In tal senso, anche la comunicazione di immagini a singole persone (es. tramite
WhatsApp) va effettuata con attenzione, vista la facilità con cui è possibile
far circolare o pubblicare immagini e la conseguenza, del tutto probabile, di perdere facilmente e in modo irreversibile
il controllo sulla foto inviata (es. il destinatario condivide la foto del
minore come “stato” di WhatsApp, così rendendola disponibile a tutti i propri
contatti che, a loro volta, potrebbero trarne uno screenshot e utilizzarla
ulteriormente, magari per fini illeciti).
VII. Decidi assieme all’altro genitore.
I genitori devono compiere di comune accordo le scelte
sulla pubblicazione dei dati dei propri figli: la pubblicazione online di dati
riguardanti minori di 14 anni, come già evidenziato, richiede il consenso di entrambi i genitori.
La condivisione di
immagini e altre informazioni sul minore può essere motivo di conflitto con l’altro
genitore, specialmente quando i genitori non formano una coppia, sono in
fase di separazione o già separati/divorziati. Come già riportato, la
giurisprudenza è orientata nel senso di ritenere che la pubblicazione sui
social o in altri contesti online delle informazioni riguardanti il minore
richieda il consenso di entrambi i genitori (se titolari della responsabilità
genitoriale), anche se separati o divorziati. In tal senso, quando un genitore
procede alla pubblicazione di un’immagine senza il consenso dell’altro, quest’ultimo
può agire in giudizio per ottenere la rimozione dell’immagine, anche in via d’urgenza,
nonché la condanna dell’altro genitore al risarcimento di ogni danno,
patrimoniale e morale, eventualmente patito sia dal minore sia da esso stesso;
in alternativa, il genitore può presentare un reclamo al Garante privacy. Il
contenuto della foto pubblicata senza il consenso dell’altro genitore, inoltre,
può essere motivo di addebito della separazione (es. in caso di pubblicazione
su Facebook di foto sconvenienti, come quelle che ritraggono il minore in abiti
succinti [20]).
VIII. Non usare la sua foto nelle controversie con
il coniuge.
In relazione alle situazioni di conflittualità tra
genitori, spesso le cause in questa materia riguardano la pubblicazione sui social, a opera di uno dei genitori, dei
provvedimenti giudiziari o di notizie relative alla separazione o al divorzio.
Questi provvedimenti possono contenere informazioni personali, anche sensibili,
su figli minori d’età e la loro pubblicazione, in quanto tale, violerebbe specifici divieti previsti dalla legge.
In particolare, si deve considerare che è vietata la pubblicazione e
divulgazione, con qualsiasi mezzo, di notizie o immagini idonee a consentire l’identificazione
di un minore in caso di coinvolgimento a qualunque titolo di quest’ultimo in
procedimenti giudiziari, penali o meno; la violazione di questo divieto costituisce
reato (punibile anche con l’arresto fino a 30 giorni) [21].
IX. Se non sei il suo genitore, chiedi sempre il
consenso prima di pubblicare.
In caso di pubblicazione
di immagini che ritraggono minori da parte di persone diverse dai genitori
(es. i genitori di un compagno di classe del minore ritratto, un parente ecc.)
è normalmente necessario acquisire il consenso
libero, specifico e informato dei genitori. Il consenso, ovviamente, non è
necessario se l’immagine è utilizzata per fini esclusivamente personali: come
già sottolineato, tuttavia, la diffusione di informazioni sul web o in gruppi
aperti non è mai considerabile come un’attività esclusivamente personale (es.
per pubblicare il video di una recita scolastica su Facebook è necessario acquisire
il consenso dai genitori di tutti i minori ritratti) [22].
X. (Ultimo e ancora una volta) Rifletti
sugli effetti della pubblicazione nel suo processo di maturazione.
I bambini non hanno nulla da guadagnare dalla pubblicazione
della loro immagine o di altre informazioni online, salvo in casi del tutto
eccezionali (es. bambini diventati famosi youtuber); i bambini, piuttosto,
hanno soltanto da perdere: più si condivide, più aumenta il rischio di
conseguenze negative per loro [23].
Da questo punto di vista, si ricorda quanto stabilito nella Carta di Treviso, che deve essere
rispettata da chiunque manifesti il proprio pensiero, anche mediante attività
online: deve essere tutelata “la
specificità del minore come persona in divenire, prevalendo su tutto il suo
interesse ad un regolare processo di
maturazione che potrebbe essere profondamente disturbato e deviato da
spettacolarizzazioni del suo caso di vita, da clamorosi protagonismi o da
fittizie identificazioni”.
[1] Indicazioni statistiche
tratte dal seguente approfondimento: Agencia Española de Protección de Datos (AEPD)
e PantallasAmigas, Diez razones para el sharenting responsable, campaña para concienciar
sobre el uso de imágenes de menores de edad en Internet, luglio 2020 (https://www.aepd.es/es/prensa-y-comunicacion/notas-de-prensa/diez-razones-para-el-sharenting-respons....
[2] Il Gruppo di lavoro ex
art. 29 (oggi sostituito dal Comitato Europeo per la Protezione dei Dati),
evidenziava la centralità del principio del superiore interesse del minore già
nel 2008 (“Working Document 1/2008 on the
protection of children's personal data”, 18 febbraio 2008, pag. 4), mentre
nel 2009 tornava a ribadirne l’importanza nello specifico contesto dei social
network (“Opinion 5/2009 on online social
networking”, 12 giugno 2009, pag. 11).
[3] L’applicabilità della
normativa sulla protezione dei dati personali alla pubblicazione di dati
personali su Internet è stata chiarita dalla Corte di giustizia dell’Unione
europea nel noto caso Lindqvist (C-101/01) e si giustifica con la necessità di
far fronte agli elevati rischi cui i dati personali sono esposti in ragione del
caricamento in Rete.
[4] Art. 2-quinquies del d.lgs. 196/2003, attuativo dell’art. 8 del GDPR.
[5] European Data Protection Board, Guidelines 05/2020 on consent under
Regulation 2016/679, 4 maggio 2020, pag. 25.
[6] Si richiamano, in
particolare, le seguenti pronunce: Tribunale di Rieti, ordinanza del 7 marzo
2019; Tribunale di Ravenna, sentenza del 15 ottobre 2019, n. 1038; Tribunale di
Mantova, sentenza del 19 settembre 2017.
[7] Donovan, S. (2020), “Sharenting”: The Forgotten Children of the GDPR, Peace Human
Rights Governance, 4(1), 35-59.
[8] Tribunale di Mantova,
sentenza del 19 settembre 2017; in senso conforme: Tribunale di Rieti,
ordinanza del 7 marzo 2019.
[9] Committee on the Rights of the Children, “General comment No. 14 (2013) on the right
of the child to have his or her best interests taken as a primary consideration
(art. 3, para. 1)”,
29 maggio 2013, pag. 16.
[10] Come chiarito dal Gruppo
di lavoro ex art. 29, il conflitto tra il superiore interesse del minore e
quelli degli esercenti la responsabilità genitoriale deve essere deciso dall’autorità
giudiziaria o, se del caso, dalle autorità di controllo in materia di privacy (“Working Document 1/2008 on the protection
of children's personal data”, 18 febbraio 2008, pag. 4).
[11] Il Comitato Europeo per
la Protezione dei Dati (EDPB), infatti, su proposta del Garante privacy
italiano ha istituito una specifica task-force per indagare sul rispetto della
normativa sulla protezione dei dati personali da parte di TikTok (https://edpb.europa.eu/news/news/2020/thirty-first-plenary-session-establishment-taskforce-tiktok-re....
[12] Agencia Española de
Protección de Datos (AEPD) e PantallasAmigas, Diez razones para el sharenting responsable,
campaña para concienciar sobre el uso de imágenes de menores de edad en
Internet, luglio 2020 (https://www.aepd.es/es/prensa-y-comunicacion/notas-de-prensa/diez-razones-para-el-sharenting-respons....
[13] In merito, si richiama
anche l’art. 315-bis c.c., che prevede che il figlio minore di anni dodici, e
anche di età inferiore ove capace di discernimento, ha diritto di essere
ascoltato in tutte le questioni e le procedure che lo riguardano. A livello
sovranazionale, l’art. 24 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione
europea prevede che i bambini possono esprimere liberamente la propria opinione,
che deve essere presa in considerazione sulle questioni che li riguardano
in funzione della loro età e maturità.
Rispetto alle scelte incidenti sulla privacy, il Gruppo di lavoro ex art. 29 si
è espresso nel senso della necessità di coinvolgere in queste scelte il minore,
in relazione alla sua maturità psicologica (“Working
Document 1/2008 on the protection of children's personal data”, 18 febbraio
2008, pag. 6).
[14] European Data Protection Board, Guidelines 05/2020 on consent under
Regulation 2016/679, 4 maggio 2020, pagg. 27-28. Il Gruppo di lavoro
ex art. 29 ha statuito che, se il bambino ha una maturità sufficiente per
comprendere che è avvenuta una violazione della sua privacy, esso devo
altrettanto godere del diritto di essere ascoltato dalle autorità di controllo
sulla privacy (“Working Document 1/2008
on the protection of children's personal data”, 18 febbraio 2008, pag. 8).
[15] Ivi.
[16] Si veda, ad esempio
l’art. 12, par. 1 del GDPR.
[17] Si veda anche il
considerando 65 del GDPR. Sul tema della rimozione di immagini di un minore
pubblicate sui social da un genitore, su ricorso del figlio (ivi, sedicenne),
si veda l’ordinanza del 23 dicembre 2017 del Tribunale di Roma.
[18] Agencia Española de
Protección de Datos (AEPD) e PantallasAmigas, Diez razones para el sharenting responsable,
campaña para concienciar sobre el uso de imágenes de menores de edad en
Internet, luglio 2020 (https://www.aepd.es/es/prensa-y-comunicacion/notas-de-prensa/diez-razones-para-el-sharenting-respons....
[19] Agencia Española de
Protección de Datos (AEPD) e PantallasAmigas, Diez razones para el sharenting responsable,
campaña para concienciar sobre el uso de imágenes de menores de edad en
Internet, luglio 2020 (https://www.aepd.es/es/prensa-y-comunicacion/notas-de-prensa/diez-razones-para-el-sharenting-respons....
[20] Tribunale di Prato,
sentenza del 28 ottobre 2016, n. 1100.
[21] Il divieto in esame,
previsto per i procedimenti penali dall’art. 13 del d.p.r. 448/1988, rileva
anche per i procedimenti giudiziari in materie diverse in virtù dell’art. 50
del d.lgs. 196/2003, il quale prevede espressamente che la violazione del divieto
è punita penalmente, ai sensi dell’art. 684 c.p. (“Pubblicazione arbitraria di atti di un procedimento penale”). Al
riguardo, si veda il provvedimento del Garante per la protezione dei dati
personali del 23 febbraio 2017 “Rimozione
da un profilo facebook di provvedimenti giurisdizionali contenenti informazioni
relative a un minore”.
[22] In merito a questa
tematica, si veda anche l’intervista rilasciata da Antonello Soro, Presidente
del Garante per la protezione dei dati personali, al quotidiano “La stampa” (di Giuseppe Bottero, 6
gennaio 2019), disponibile qui: https://www.garanteprivacy.it/home/docweb/-/docweb-display/docweb/9071894.
Vd. anche Garante per la protezione dei dati personali, La scuola a prova di privacy, 2016, pag. 21.
[23] Agencia Española de
Protección de Datos (AEPD) e PantallasAmigas, Diez razones para el sharenting responsable,
campaña para concienciar sobre el uso de imágenes de menores de edad en
Internet, luglio 2020 (https://www.aepd.es/es/prensa-y-comunicacion/notas-de-prensa/diez-razones-para-el-sharenting-respons....
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