1. La nozione di “immagine”: la riconoscibilità della
persona.
La tutela dell’immagine trova fondamento normativo negli artt. 10 del Codice Civile (c.c.) e 96-98 della Legge 22 aprile 1941, n. 633 (l.a.).
Nonostante la diversa terminologia utilizzata (“ritratto” nell’art. 96
l.a. e “immagine” nell’art. 10 c.c.), si ritiene che le due espressioni debbano
essere intese come sinonimi e che entrambe si riferiscano esclusivamente alle raffigurazioni
del soggetto che ne consentano la riconoscibilità.
2. Le modalità di
riproduzione delle sembianze altrui.
La riproduzione delle
fattezze di una persona può essere realizzata non solo attraverso la fotografia
e le varie forme espressive proprie dell’arte figurativa (pittura,
scultura, incisione etc.), incluso l’impiego del disegno caricaturale[1] ma anche tramite la c.d. “maschera
scenica” (ossia affidando a un attore la rappresentazione del personaggio),
utilizzando un sosia[2] oppure evocando la
persona mediante il richiamo ad accessori che la contraddistinguono (come
nel celebre caso del copricapo di lana e degli occhiali a binocolo del cantante
Lucio Dalla[3]).
La crescente
importanza degli elementi caratterizzanti la personalità
dell’individuo è stata, peraltro, recentemente confermata dalla giurisprudenza,
che ha considerato illecita ex art. 96 l.a. la pubblicazione di una fotografia
con la soppressione digitale dei tatuaggi dal corpo della modella “stante la
volontà della persona ritratta di conferire al proprio corpo tramite dei segni
permanenti, nonché alla sua immagine, un’identità specifica ed unica”[4].
3.
Il consenso all’uso dell’immagine.
La protezione del ritratto è inquadrabile sia nell’ambito della normativa
sul diritto d’autore (all’interno del quale è possibile definire l’ambito del
diritto all’immagine), sia in quello della privacy (come dato personale ai
sensi del GDPR). Poiché l’obiettivo di questo approfondimento è fornire una
ricostruzione trasversale delle questioni connesse alla tutela dei diritti
sulla propria immagine, appare opportuno premettere che la nozione di
“consenso” utilizzata nel prosieguo assume un diverso significato a seconda che
si consideri il ritratto come oggetto del diritto oppure come dato personale.
Ci occuperemo in questa prima parte del primo profilo, mentre del
ritratto come dato personale si tratterà nella seconda parte.
Per principio generale, il ritratto non può essere esibito, riprodotto o
messo in commercio senza il consenso della persona raffigurata (art. 96, comma 1,
l.a.). Ciò che la norma intende subordinare
all’autorizzazione dell’avente diritto è la divulgazione dell’immagine, non
l’esecuzione del ritratto, che secondo la maggior parte degli interpreti è
lecita a prescindere dalla volontà dell’interessato.
Il consenso può
essere prestato espressamente oppure desumersi dal comportamento della persona
ritratta.
3.1.
Il consenso espresso.
Nel caso di
consenso espresso, si ritiene che non sia necessaria la forma scritta[5], a condizione che non vi
siano incertezze circa l’effettiva volontà del titolare del diritto
all’immagine.
L’efficacia del
consenso andrà inoltre valutata nei limiti di luogo, tempo e scopo per i
quali era stato prestato[6].
- Limiti di luogo. La giurisprudenza,
su tali basi, ha escluso che il consenso accordato da Andriy Shevchenko alla
pubblicazione di alcune fotografie su una rivista straniera potesse estendersi
anche all’utilizzazione sulla stampa italiana[7].
- Limiti di tempo. Analogamente,
l’autorizzazione prestata da Marco Van Basten all’uso della propria immagine in
una videocassetta celebrativa del centenario del Milan – da mettere in
commercio entro un anno - non è stata considerata comprensiva di utilizzazioni
effettuate oltre tale termine e in assenza di qualsiasi nesso con la predetta
ricorrenza[8].
- Limiti di scopo. In precedenza, il
consenso manifestato da un’attrice all’uso di fotografie di scena a fini
promozionali di un film non è stato considerato sufficiente a escludere
l’illiceità della pubblicazione delle immagini su una rivista scandalistica[9].
- Limiti di scopo e
identità personale. La vicenda certamente più nota, per quanto
risalente, è però quella di due ragazzi il cui ritratto era stato utilizzato su
un manifesto elettorale per il referendum abrogativo del divorzio, sebbene
l’autorizzazione all’uso della fotografia fosse stata prestata – molti anni
prima – per pubblicizzare un concorso per coltivatori[10].
In quest’ultimo
caso, è stata per la prima volta riconosciuta la violazione non solo del
diritto all’immagine, ma anche del c.d. “diritto all’identità personale”,
ossia il diritto a non vedersi attribuite convinzioni ideologiche diverse dalle
proprie.
3.2. Il consenso
tacito.
Il consenso tacito
o implicito è ammissibile a condizione che possa desumersi senza
incertezze dal comportamento della persona raffigurata, valutazione che
deve essere effettuata caso per caso.
- Comportamento. Il consenso
implicito alla diffusione della propria immagine è stato desunto dal
comportamento di un’attrice che si era sottoposta spontaneamente a una serie di
fotografie presso un’agenzia fotografica[11] e dalla partecipazione di
un calciatore a una gara sportiva[12].
- Atteggiamento
univoco.
In quest’ottica, la giurisprudenza lo ha ritenuto sussistente anche in capo a
un soggetto che si era lasciato fotografare – con atteggiamento compiaciuto -
nel corso di una riunione svoltasi a casa di un noto agente pubblicitario,
accanto a personaggi appartenenti al mondo dello spettacolo[13].
È, invece,
tendenzialmente esclusa la possibilità di presumere un consenso tacito dalla
c.d. “tolleranza”, ossia dalla mancata reazione a precedenti illeciti o
dall’eventuale ritardo nell’esercitare il proprio diritto.
Il tema in oggetto
risulta di particolare interesse nel caso di uso di immagini tratte da social
networks (sul punto si rinvia alla parte terza di questo approfondimento).
A prescindere
dalle modalità con le quali è stato manifestato, è peraltro controverso se il
consenso sia valido, sotto il profilo soggettivo, soltanto a favore
della persona nei confronti della quale è stato prestato[14] o anche dei suoi aventi
causa.
Parimenti discusso
è se il titolare del diritto all’immagine, una volta prestato il consenso,
possa successivamente revocarlo. La giurisprudenza maggioritaria ammette la revocabilità
del consenso, quantomeno nel caso in cui si configuri come una mera
autorizzazione contenuta in un negozio unilaterale[15], mentre alcuni interpreti
lo considerano irrevocabile se è inserito in un contratto.
4. Le eccezioni alla necessità del consenso.
Non occorre il
consenso della persona ritrattata quando la riproduzione dell'immagine è
giustificata dalla notorietà o
dall'ufficio pubblico ricoperto, da necessità di giustizia o di polizia, da
scopi scientifici, didattici o culturali, o quando la riproduzione è collegata
a fatti, avvenimenti, cerimonie di interesse pubblico o svoltisi in pubblico (art. 97, comma 1, l.a.).
Si tratta di ipotesi
tassative, nelle quali il diritto
alla riservatezza della persona raffigurata viene sacrificato a favore di interessi della collettività considerati
prevalenti.
4.1. La notorietà.
L’ipotesi esaminata più di frequente dalla giurisprudenza è relativa alla
notorietà del
soggetto ritrattato. In questo caso l’eccezione è giustificata solo
nei limiti in cui la pubblicazione dell’immagine avvenga per soddisfare
l’esigenza all’informazione e non può, invece, spingersi fino a invadere
ogni aspetto della vita privata delle persone note.
- Notorietà e sfera
privata.
Questo principio viene elaborato in giurisprudenza a partire dagli anni ’70 del
secolo scorso, e trova consacrazione nella celeberrima decisione della
Cassazione che ha riconosciuto la violazione del diritto all’immagine della
principessa Soraya, fotografata con il teleobiettivo all’interno della sua
abitazione in atteggiamenti affettuosi con il fidanzato[16].
- Eventi estranei
alla notorietà.
In altre occasioni, la giurisprudenza ha tentato di circoscrivere ulteriormente
i margini di applicabilità dell’eccezione precisando che il diritto di
riservatezza della persona nota rimane integro relativamente alla sfera di
interessi e di attività personali che non hanno alcuna rilevanza per le
esigenze pubbliche di informazione, in quanto estranee ai motivi, ai fatti e
agli avvenimenti che hanno determinato la notorietà[17].
Non vi è alcun
dubbio, invece, sul fatto che la norma non consenta di utilizzare il ritratto
della persona nota a fini commerciali, in quanto l’eventuale abbinamento
della propria immagine a un determinato prodotto deve rimanere nella sfera
decisionale del titolare.
La compressione
del diritto all’immagine prevista dall’art. 97, infatti, attiene esclusivamente
al diritto alla riservatezza (c.d. “right of privacy”) e non anche al c.d. “right
of publicity”, ossia il diritto allo sfruttamento patrimoniale della
propria notorietà (sull’uso pubblicitario dell’immagine vedi il paragrafo 5).
Quest’ultimo principio è stato elaborato in
giurisprudenza nel caso Armani. La Cassazione ha considerato illecito l’uso del
ritratto di Giorgio Armani per una campagna pubblicitaria senza il suo consenso[18] ed è stato di recente
ribadito con riferimento alla riproduzione dell’immagine di Audrey Hepburn su
capi di abbigliamento senza l’autorizzazione degli eredi dell’attrice[19].
4.2.
L’ufficio pubblico ricoperto.
Nel
caso in cui un soggetto rivesta un ufficio pubblico, l’utilizzazione del suo
ritratto è consentita a condizione che non inerisca alla sua sfera privata ma a
occasioni in cui l’interessato agiva nell’esercizio delle sue
funzioni.
- Ufficio pubblico e finalità. In applicazione
di questo principio, è stato considerato illecito l’uso dell’immagine di un
vigile urbano - sotto forma di sagoma di cartone a grandezza naturale - da
parte di un’amministrazione comunale nell’ambito di una campagna sulla
sicurezza stradale[20].
4.3.
Le necessità di giustizia e di polizia.
Anche
le esigenze investigative connesse alle attività degli organi giudiziari
o di polizia possono giustificare l’uso dell’altrui ritratto in assenza di
consenso, ad esempio nel caso di necessità di rintracciare una persona scomparsa
o ricercata oppure quando l’esibizione dell’immagine sia esclusivamente
finalizzata a provare circostanze di fatto rilevanti nell’ambito di un processo
(benché qualora l’immagine riguardi i figli minori occorre considerare i
principi e norme in tema di protezione dei minori – sul tema si rinvia
all’approfondimento “TITOLO”).
[inseriamo richiamo ad
approfondimento esterno su immagini dei minori]
- Fotografia come prova in giudizio. In quest’ottica,
è stata considerata lecita la produzione, in un giudizio di separazione
personale, di fotografie di una persona estranea alla controversia al fine di
dimostrare l’addebitabilità della separazione a uno dei coniugi[21].
4.4. Gli scopi
scientifici, didattici e culturali.
L’assenza di necessità del consenso all’uso del
proprio ritratto può, infine, dipendere da finalità scientifiche, didattiche
o culturali. L’effettivo ambito di applicazione di tale eccezione non è
stato oggetto di frequenti approfondimenti giurisprudenziali.
- Finalità
didattiche e culturali. Le pronunce più recenti hanno giudicato lecita
l’utilizzazione dell’immagine del musicista Puccini su una serie di monete
celebrative del centenario dell’opera “Madama Butterfly”[22],
così come la riproduzione su una rivista dei ritratti della modella Claudia
Schiffer effettuati da un grande maestro della pop art americana a corredo di
un articolo incentrato sulla personalità dell’artista[23].
4.5. La
partecipazione a un evento di interesse pubblico o svoltosi in pubblico.
Altra ipotesi
piuttosto ricorrente in cui il consenso non è necessario è quella della
partecipazione a un evento di interesse pubblico o svoltosi in pubblico.
Le due ipotesi
sono alternative, in quanto può accadere che un evento svoltosi in privato
rivesta interesse pubblico e che, al contrario, eventi svoltisi in pubblico non
presentino alcun profilo di interesse pubblico.
L’eccezione in
oggetto opera soltanto nel caso in cui la divulgazione del ritratto risponda a esigenze
di pubblica utilità, riscontrabili quando non sia possibile informare la
collettività su un determinato evento senza utilizzare l’immagine dei
partecipanti. Ne consegue che l’estrapolazione del ritratto della persona dal
contesto di riferimento dovrebbe determinare l’illiceità dell’utilizzo.
- Nesso di
pertinenza.
Inoltre, affinché la scriminante possa operare la giurisprudenza ha stabilito
che deve esserci “un nesso di pertinenza attuale tra la
diffusione dell’immagine e l’evento nell’ambito del quale la stessa venne
scattata” e che “l’interesse sociale alla conoscenza del fatto svoltosi in
pubblico deve non soltanto sussistere al momento della fissazione
dell’immagine, ma anche seguire tutto l’arco temporale della divulgazione di
essa”, così che non è lecito l’uso del ritratto di una persona che aveva svolto
il ruolo di mascotte della nazionale italiana nei mondiali di calcio del 1994
per illustrare un articolo dedicato alla TV satellitare[24].
4.6.
Il pregiudizio all’onore, al decoro e alla reputazione.
Le eccezioni sopra
descritte incontrano un limite, in quanto “il ritratto non può tuttavia essere
esposto o messo in commercio, quando l'esposizione o messa in commercio rechi
pregiudizio all’onore, alla reputazione od anche al decoro della persona
ritrattata” (art. 97, comma 2, l.a.).
- Caricature. Tale circostanza
può verificarsi nel caso in cui la persona venga raffigurata con sembianze
distorte, tali da renderla ridicola, oppure nel caso in cui il ritratto non sia
di per sé lesivo, ma lo siano le modalità con le quali viene pubblicato
(ad esempio, nel caso di pubblicazione di fotografie di una nota cantante, in
abiti di scena, su una rivista per soli uomini[25]).
5. Gli usi
pubblicitari dell’immagine.
5.1. Lo
sfruttamento commerciale dell’immagine di persona nota: il testimonial.
Come si è
anticipato (paragrafo 4.1) l’eccezione alla necessità del consenso nel caso di
persona nota non si estende anche allo sfruttamento commerciale dell’immagine,
in quanto la scelta di abbinare il proprio ritratto a un determinato prodotto è
in ogni caso riservata al personaggio celebre. Può, però, accadere che anche
quest’ultimo si trovi assoggettato a particolari limitazioni nel
disporre della propria immagine, ad esempio quando abbia concluso un contratto
di testimonial con una o più aziende.
La causa di questo
contratto è l’acquisizione del diritto di sfruttare la celebrità raggiunta da
un personaggio per promuovere prodotti contraddistinti da un determinato
marchio, verso il pagamento di un corrispettivo, ed è molto frequente
l’inserimento di clausole che vietano al testimonial l’abbinamento della
propria immagine a prodotti potenzialmente concorrenti rispetto a quelli per la
cui promozione è stato concluso il contratto, per tutta la durata dello stesso.
- Il caso Marrone. A titolo
esemplificativo, la presenza di una clausola di questo tipo nel contratto
sottoscritto da Emma Marrone con un’azienda produttrice di abbigliamento intimo
ha portato a riconoscere la cantante responsabile per inadempimento
contrattuale, in quanto aveva indossato un capo intimo appartenente a
un’impresa concorrente in un videoclip diffuso su alcuni social network[26].
5.2. Lo
sfruttamento commerciale dell’immagine di persona non nota.
Anche l’immagine
delle persone non note può essere utilizzata per scopi commerciali e risulta,
quindi, fondamentale verificare se esse abbiano prestato un consenso
comprensivo anche di questa particolare finalità.
Può accadere, ad
esempio, che un passante venga involontariamente immortalato nel corso delle
riprese di un video promozionale realizzato da un influencer nel
quale risulti perfettamente riconoscibile, oppure che venga coinvolto in prima
persona nel messaggio promozionale, ad esempio tramite un’intervista.
- Il consenso all’uso
pubblicitario.
In questi casi, è necessario informare espressamente il soggetto in questione –
al momento della prestazione del consenso – dell’uso pubblicitario che verrà
fatto della sua immagine. In caso contrario, infatti, verrebbero evidentemente
travalicati i limiti di scopo del consenso accordato e il titolare sarebbe
legittimato ad avanzare richieste risarcitorie, atteso che anche l’immagine
della persona non nota è dotata di un proprio valore commerciale[27].
Altra circostanza
nella quale l’esatta definizione dei limiti del consenso prestato appare di
fondamentale importanza è quella dei concorsi fotografici o contest
organizzati dalle aziende in abbinamento a eventi da essa sponsorizzati.
- Hashtag, contest e
concorsi.
In molti casi la partecipazione al contest prevede la pubblicazione delle
fotografie dei partecipanti sul profilo social dell’azienda organizzatrice
utilizzando l’hashtag identificativo dell’evento. In queste ipotesi,
poiché la pubblicazione ha scopo promozionale, occorre prevedere l’autorizzazione
al riutilizzo delle immagini.
[1]
Cass. 12 marzo 1997, n. 2223.
[2]
Trib. Milano, 26 ottobre 1992.
[3]
Pret. Roma, ord. 18 aprile 1984.
[4]
Trib. Milano, 6 giugno 2018.
[5]
App. Milano, 4 ottobre 2002; Trib. Torino, 23 marzo 2009.
[6]
Cass. 17 febbraio 2004, n. 3014.
[7]
Trib. Milano, 17 novembre 2005.
[8]
Trib. Tortona, ord. 24 novembre 2003.
[9]
App. Roma, 8 settembre 1986.
[10]
Pret. Roma, 6 maggio 1974.
[11]
Cass. 10 giugno 1997, n. 5175.
[12]
Trib. Milano, 9 febbraio 2015.
[13]
Cass. 29 novembre 1973, n. 3290.
[14]
Cass. 10 giugno 1997, n. 5175.
[15]
Cass. 29 gennaio 2016, n. 1748; Trib. Bari, ord. 7 novembre 2019.
[16]
Cass. 27 maggio 1975, n. 2129. Da ultimo, in un’ipotesi analoga, vedi Cass. 23
gennaio 2019, n. 1875.
[17]
Pret. Roma, ord. 3 luglio 1987.
[18]
Cass. 2 maggio del 1991, n. 4785.
[19]
Trib. Torino, 27 febbraio 2019.
[20]
App. Bologna, 1° agosto 2006.
[21]
App. Roma, 17 dicembre 1984.
[22]
Trib. Milano, 13 aprile 2005.
[23]
Trib. Milano, 23 dicembre 1999.
[24]
Trib. Roma, 12 marzo 2004.
[25]
App. Milano, 6 aprile 1984.
[26]
Trib. Milano, 16 agosto 2017.
[27]
Trib. Milano, 9 gennaio 2004.
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