1. L’uso della
propria immagine nel social networks.
Per quanto
concerne l’uso dell’immagine sui social networks, è ancora dubbio che dal
semplice upload di una fotografia contenete un ritratto nella propria pagina
social possa desumersi un consenso tacito a successivi usi, anche nel caso in
cui l’immagine sia accessibile a tutti gli utenti. Il consenso tacito o
implicito può ritenersi ammissibile solo a condizione che possa desumersi
senza incertezze dal comportamento o dall’atteggiamento della persona
raffigurata, valutazione che deve essere effettuata caso per caso (sul punto si
rimanda alla prima parte di questo approfondimento).
A diverse
conclusioni potrebbe però pervenirsi nel caso di social networks di natura
promozionale, ad esempio quelli utilizzati dagli artisti emergenti.
Quando la
pubblicazione o l’esposizione dell’immagine di una persona siano state
effettuate fuori dei casi in cui sono consentite, o con pregiudizio al decoro o
alla reputazione della persona ritratta, quest’ultima ha la facoltà di ricorrere
all’autorità giudiziaria per ottenere la cessazione dell’abuso. Su richiesta
della parte interessata, il giudice potrà emanare un provvedimento inibitorio –
anche in sede cautelare – che disponga le misure ritenute più idonee per impedire
la continuazione e/o il ripetersi dell’illecito, fatta salva la possibilità di
ottenere il risarcimento del danno patrimoniale e non patrimoniale (art. 10
c.c.).
2 L’uso
dell’immagine altrui nel social network.
Anche sui social network valgono le
regole generali descritte nelle precedenti parti di questo approfondimento per
cui l’uso dell’immagine altrui è possibile solo previo consenso della persona
ritratta, oppure in forza di una delle eccezioni previste dalla legge sul
diritto d’autore.
Il diritto all’immagine rileva nel caso
di diffusione sia di fotografie sia di opere complesse come quelle audiovisive.
- Riuso delle
prestazioni artistiche. La pubblicazione sui social network di contenuti
audiovisivi senza l’autorizzazione dell’artista è stata conseguentemente
ritenuta lesiva del diritto all’immagine dell’artista che, nel caso di specie, egli
aveva ceduto, assieme a quelli del nome e della voce, per realizzare la sigla
di un programma televisivo. Inoltre, se la
diffusione illecita dei contenuti è accompagnata da commenti di carattere
offensivo e ingiurioso, può sussistere la lesione anche dei diritti
fondamentali della personalità, quali la dignità, l’onore, il decoro, la
riservatezza, l’identità personale e la reputazione[1].
La diffusione di immagini altrui sui
social network può rilevare anche quando effettuata dal genitore della persona
ritratta.
- Le foto dei figli. In quest’ottica è
stata inibita la pubblicazione sui social network, da parte di un genitore, di
immagini e informazioni del figlio minore tali da comprometterne e modificarne
l’immagine nel proprio contesto sociale, causando un turbamento nella salute
psicofisica della persona ritratta[2].
In
relazione alla pubblicazione dell’immagine dei figli si rinvia
all’approfondimento “Sharenting: rischi e regole
per la pubblicazione online di foto e video dei propri figli”).
La diffusione di immagini altrui senza
consenso della persona ritratta è rilevante sia nel caso di una condivisione
pubblica, in cui il contenuto è visibile a un numero indeterminato di
persone, sia nel caso di invio a singole persone o a gruppi ristretti, come nel
caso delle piattaforme di messaggistica.
Con riferimento,
ad esempio, alle fotografie ritraenti l’immagine di una persona nuda, è stato
ritenuto che l’invio non autorizzato a terzi tramite messaggistica
istantanea, anche solo di una foto, leda una pluralità di interessi
attinenti alla sfera privata, tra cui il diritto alla riservatezza, alla
reputazione, all’onore, all’immagine, all’inviolabilità della corrispondenza, e
risulta certamente risarcibile il danno non patrimoniale che ne consegue[3].
3. Profili
penali dell’abuso dell’immagine altrui.
Come già descritto, è civilmente illecita
la pubblicazione dell’immagine altrui senza consenso dell’interessato, quando
non ricorra nessuna delle eccezioni previste dall’articolo 97 l.a. illustrate
in precedenza, ovvero quando sia comunque tale da arrecare pregiudizio
all’onore, alla reputazione, al decoro della persona medesima.
Perché la pubblicazione sia illecita sotto
il profilo civile è sufficiente che la pubblicazione leda anche solo il decoro
della persona ritratta, inteso come l’insieme di tutte le qualità diverse da
quelle morali, come la dignità fisica o intellettuale o professionale di una
persona.
In alcuni casi la pubblicazione
dell’immagine altrui può essere rilevante anche in ambito penale.
- Diffamazione. È stato ritenuto
che costituisca diffamazione ex art. 595 c.p. la pubblicazione che lede
anche la reputazione della persona interessata, dovendosi intendere per
tale l’opinione sociale dell’onore di una persona[4].
La giurisprudenza
ha, inoltre, specificato che il pregiudizio deve essere valutato in concreto,
con riferimento alla persona ritratta, all’attività da essa svolta,
all’ambiente in cui vive e alla sensibilità sociale del momento[5].
Può inoltre costituire sostituzione di
persona ex art. 494 c.p.
- Sostituzione di
persona.
Può configurare il reato di sostituzione di persona la condotta di un soggetto
che, al fine di procurarsi un vantaggio o comunque di recare danno, utilizza
l’immagine di altro soggetto associata a un falso nominativo per creare un profilo
su un social network. La condotta penalmente rilevante si sostanzia nell’utilizzo
del profilo creato utilizzando l’immagine altrui, inducendo in errore coloro
che comunicano con il proprietario del profilo attraverso la chat[6].
Si segnala, inoltre, l’introduzione nel
luglio 2019 della nuova fattispecie di reato prevista all’art. 612-ter c.p. in
tema di diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti (revenge porn).
La norma punisce chiunque invia, consegna,
cede, pubblica o diffonde immagini o video a contenuto sessualmente esplicito e
destinati a rimanere privati, senza il consenso delle persone rappresentate,
dopo averli realizzati o sottratti. Allo stesso modo è punito chi, avendo
ricevuto o comunque acquisito le immagini o i video a contenuto sessualmente
esplicito e destinati a rimanere privati, li invia, consegna, cede, pubblica o
diffonde senza il consenso delle persone rappresentate al fine di recare loro
nocumento.
Inoltre, la norma prevede un’aggravante se
i fatti sono commessi in danno di persona in condizione di inferiorità fisica o
psichica, oppure in danno di una donna in stato di gravidanza.
La condotta che la norma si propone di
evitare è tra l’altro la condivisione non autorizzata sui social network e
tramite app di messaggistica istantanea di immagini e fotografie a contenuto
sessualmente esplicito di carattere strettamente personale e confidenziale.
La norma si applica salvo che il fatto
costituisca più grave reato. A tutela del minore, ad esempio, sono sanzionate
con pene più severe la diffusione o distribuzione, oppure la detenzione o il
procacciamento di materiale pedopornografico (ritraente minori), le cui
fattispecie sono disciplinate dagli artt. 600-ter e 600-quater c.p.
Le fattispecie di reato appena descritte
hanno diverse condizioni di procedibilità. In particolare, sono procedibili a
querela della persona offesa il reato di diffamazione di cui all’articolo 595
c.p., entro tre mesi dal giorno della notizia del fatto che costituisce il
reato, e quello previsto all’art. 612-ter c.p. in tema di diffusione illecita
di immagini o video sessualmente espliciti (revenge porn), per il quale è previsto un termine di sei
mesi, salvo che si versi in ipotesi dell’aggravante prevista dal comma 4, per
la quale è prevista la procedibilità d’ufficio.
Infine, sono procedibili d’ufficio i reati
di sostituzione di persona di cui all’art. 494 c.p. e le fattispecie
disciplinate dagli artt. 600-ter e 600-quater c.p. in tema di pedopornografia.
[1]
Trib. Roma, 15 febbraio 2019.[2]
Trib. Roma, ord. 23 dicembre 2017.[3]
Trib. Sulmona, 9 aprile 2018.[4] Cass. 12 ottobre
2004, n. 42643.[5]
Trib. Napoli, 26 giugno 2001. [6]
Cass. 16 giugno 2014, n. 25774.
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